lunedì 30 marzo 2015

L'ultima fase (La musica del sangue) di Greg Bear

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Articolo di: AleK

La musica nel sangue e un breve racconto di Greg Bear pubblicato nel 1983 dal quale l'autore ha poi tratto l'omonimo romanzo (vedi immagine), noto anche col titolo L'ultima fase, pubblicato un paio d'anni dopo.
Vi anticipo subito che li reputo nulla di speciale entrambi, nonostante il racconto abbia vinto, incredibilmente, il premio Hugo e sia molto apprezzato dalla critica di genere.

Il racconto, nonostante non sia gran ché, non lo reputo brutto, è una storia divertente sull'accettazione del diverso, ma non in termini razziali, più che altro inteso come cambiamento, Carlton Mellick III ci andrebbe a nozze. La sua particolarità sta nell'essere un esempio di fantabiologia pura, non ci sono speculazioni fisiche o ingegneristiche, ma solo biologiche. Da questo punto di vista è interessante, peccato non sviluppi nessun tema interessante ma si sorregga interamente sulla particolarità del soggetto, quasi puro sense of wonder, se non fosse per il buon finale... e, come vi raccontavo, il finale è importante.

Il romanzo invece...

Beh, il romanzo peggiora tutto.
Cambia il punto di vista, si passa da una narrazione in prima persona ad un narratore onnisciente (anche se la parte che costituiva il racconto originale apparirà quasi immutata anche nel romanzo, nella parte centrale, sotto forma di diari, per non sbattersi troppo a modificarla) ma non è tanto questo il problema, anche se appesantisce un po' la lettura, il vero problema è che tutto quello che il romanzo aggiunge è, nel migliore dei casi, superfluo. Salvo giusto solo la prima parte e non in toto.
Dal punto di vista scientifico vengono aggiunte delle fantabubbole allucinanti e degli errori scientifici abbastanza gravi, certe frasi vanno dal non avere il minimo senso a fare della vera e propria disinformazione, non che il racconto ne fosse immune, ma era molto più accettabile (per la cronaca e non per segnalare un difetto, aggiungo anche che nella seconda parte si passa dalla fantabiologia alla fantafisica, un terreno evidentemente più congeniale all'autore).
Mentre dal punto di vista della narrazione, molte parti sono parecchio tediose, si aggiungono protagonisti con le loro storie personali da raccontare, ma la storia centrale non procede, resta quasi immobile, l'impressione è che tutte queste storie personali siano state buttatre dentro per allungare il brodo ed è un peccato, perché alcune offrirebbero piccoli spunti di riflessione interessanti...  La conclusione è che la seconda metà del libro mi ha praticamente sfinito.

Il difetto peggiore però sta nelle tematiche affrontate, a parte qualche idea interessante buttata là a caso e dimenticata senza approfondirla (come il tema della solitudine) tutto il resto è quasi irritante, vabbé che erano gli anni '80, ma i russi cattivi fino alla fine e che fanno azioni prive di qualsiasi senso, basta, anche all'epoca erano cazzate e il ruolo che svolgono in questa storia è davvero ridicolo. Così com'è ridicolo tutto l'impianto scientifico dietro all'ingegneria genetica, una cosa che terrorizzava l'opinione pubblica molto più dei russi, a quanto pare dalle super installazioni-laboratori di massima sicurezza presenti nel romanzo, neanche lavorassero con patogeni pericolosi...
Nel mio articolo Che cose non è il DNA, cerco un po' di smitizzare quel misto di paura e meraviglia che sta dietro i concetti di "organismi ricombinanti" nell'opinione pubblica, e presto continuerò con altre pubblicazioni a tema.

In conclusione, nonostante nel romanzo siano presenti anche passaggi interessanti e non solo difetti, gli ho preferito di molto il racconto, dunque se siete interessati a una storia di fantabiologia pura, vi consiglio di leggervi quest'ultimo, più essenziale e gradevole.
Lo trovate pubblicato nella raccolta Le Grandi Opere Nord - I premi Hugo 1984-1990 e in Urania Millemondi estate 1987.
In ogni caso, in entrambi, il finale è qualcosa degno di nota, come dicevo all'inizio, avviene l'accettazione della trasformazione, senza fobie, ma anche senza facili entusiasmi. La cosa non è banale, come scrivevo nell'articolo dedicato agli X-Men (cinematografici) ci sono opere che si basano sul concetto opposto. Opere di molto inferiori, anche rispetto a questo romanzo che non ho gradito del tutto.

2 commenti:

  1. Si anche io ho preferito il racconto, nonostante le varie ingenuità presenti anche lì.

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  2. Il racconto resta più sul vago, quindi rischia meno... in ogni caso lo trovo gradevole, pero non quanto la critica, la settimana scorsa ho visto alcune classifiche stilate dai critici del premio Locus e tra i migliori racconti di tutti i tempi lo ponevano all'ottavo posto!
    Esagerati... tra l'altro, nella stessa classifica, c'era "Scanners live in vain" di Corwainer Smith (questo si un capolavoro) al 29° posto. :)

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