mercoledì 16 marzo 2016

Il caso Spotlight (Spotlight) di Tom McCarthy, 2015. Un futuro grande classico!

Scritto da: Ataru Moroboshi



Il caso Spotlight (Spotlight) è un ottimo film diretto dal Tom McCarthy, poliedrico regista sceneggiatore e attore, a cui va il merito di aver co-sceneggiato il capolavoro Pixar "Up" (2009), di cui prima o poi scriverò una recensione.

Ho avuto modo di gustare Spotlight prima della vincita dei due premi Oscar 2016 come miglior film e miglior sceneggiatura originale, scritta nel 2013, sempre da Tom McCarthy e da Josh Singer.
Il film ha attratto la mia attenzione per il tema, interessante e poco presente nella cinematografia, ovvero quello delle molestie sessuali attuate su minori, da alcuni preti. 
La cosa buffa è che mi sono gustato questa pellicola in vacanza, in un cinema parrocchiale di montagna!

Per un solo istante questo mi ha fatto pensare che:

-  la direzione potesse non essere informata dei contenuti del film e, di solito, interpretare i fatti usando come "filtro" la pigrizia umana, funziona benissimo!
-  le ingerenze del clero per una volta non fossero poi tanto forti.

Ho successivamente trovato la risposta nel fatto che la pellicola è stata distribuita in circa 200 sale, contro le 600 di un film medio e, giusto per dare un ulteriore termine di paragone, contro le circa 1500 sale di “Quovado” con Checco Zalone. Bentornato mondo reale!




Il film è uscito solo di recente, ma la pellicola era già stata presentata il 3 settembre 2015 alla 72ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

“Il caso Spotlight” è la narrazione dell’inchiesta giornalistica realmente avvenuta nel 2002, da parte della sezione investigativa (Ben Bradlee Jr, Walter Robinson, Mike Rezendes, Matt Carroll  e Sacha Pfeiffer) del Boston Globe, impegno che fruttò il Premio Pulitzer di pubblico servizio (2003). 
Tutto comincia col trasferimento da Miami a Boston di un nuovo direttore, Marty Baron, stakanovista e freddo, poco caratterizzato nel film, ma capace di aprire e chiudere al meglio la pellicola. E’ sua l’intuizione che da decenni esista un sistema che protegga i preti pedofili nella cattolicissima Boston ed è sempre sua la decisione di dedicare persone e tempo alla ricerca di prove. A questo dedica molto spazio la pellicola, perchè lo spettatore non creda mai che si tratti di poche mele marce all'interno di un clero buono e giusto, bensì chiarisce come a Boston e in tutto il mondo, questa organizzazione religiosa tuteli i componenti che molestano i minori.

L’indagine portò all’accusa di decine di preti e soprattutto dell'arcivescovo Bernard Francis Law per l'insabbiamento dei sistematici abusi sessuali da parte di predicatori pedofili; questo portò poi al trasferimento dell'arcivescovo in un paese lontano lontano ... nello stato del Vaticano, punizione severissima!





La sobrietà è ciò che caratterizza il film; lo si riscontra in come è girato, come è montato, dalle inquadrature utilizzate, dalle musiche poco presenti e mai invadenti, dalla recitazione mai sopra le righe, malgrado la bravura e il carisma di alcuni grandi attori, come Michael Keaton (grazie per sempre per Birdman, diretto da Alejandro González Iñárritu) ... insomma, tutto è studiato perchè possa apparire reale.
L'attenzione dello spettatore ogni tanto cadrà sui tubi catodici, enormi, dei computer (ma come facevamo?) e sugli abbigliamenti utilizzati per ambientarlo nei primi anni 2000 (vestivamo davvero così?), ma mai capiterà di provare un senso di artefatto, tipico di molti film in costume, e mai si avrà l'interruzione della sospensione dell'incredulità, requisito indispensabile per accettare quanto verrà raccontato.

Il film è una stupenda sintesi fra arte cinematografica, basata sulla finzione, e giornalismo basato sulla ricerca dei fatti; la razionalità è ciò che tiene unite questi due distinti mondi, la capacità di raccontare una storia indigesta a credenti e non, nel modo più realistico e logico possibile. Solo di rado sono presentate pulsioni basilari, come paura e ira, in genere sfoghi dei giornalisti più giovani e frustrati, di fronte a rivelazioni che ne smuovono le basi profonde del proprio io e del proprio credo. Per il resto saranno solo fatti, attentamente cercati e messi nel giusto ordine, attraverso un lavoro minuzioso.


Oddio si arrabbia...

...ecco che ci siamo...

... sta per strappare....un foglio di carta!


Il film presenta due importanti pregi: anzitutto mostra un problema grave, anzi gravissimo per una moltitudine di individui che ne resteranno segnati a vita ed evidenzia come la pressione sociale possa agire, per interesse, ma anche per paura e superficialità, in modo contrario a quello che logica ed empatia imporrebbero.
In secondo luogo presenta allo spettatore dei giornalisti capaci e dediti alla propria professione, ma non onnipotenti ed onnoscenti. In particolare, proprio uno dei protagonisti, molti anni prima, si era trovato a sottovalutare una denuncia di molestie e con la propria disattenzione aveva permesso al prete incriminato, anzi a ben 20, di continuare ad agire. Un'azione dettata da superficialità e mancanza di tempo, priva di cattiveria e di volontà, ma quando ci limitiamo a fare il nostro lavoro (frase ricorrente nel film, pronunciata spesso da avvocati) agiamo come meccanismi inconsapevoli e spesso finiamo dalla parte dei carnefici. 
Del bisogno di una società più coesa e interessata ai reciproci problemi, ho parlato nel recente post su "Ricomincio da capo" (link). Per il bene di tutti e soprattutto dei vostri futuri figli, recuperate entrambi i film!
 
Spotlight non è solo il nome della squadra giornalistica, o il titolo della pellicola, ma è anche il senso più profondo di quest'opera, come ci spiega il direttore Baron:


A volte è facile dimenticare che per la maggior parte del tempo brancoliamo nel buio, poi all’improvviso si accende una luce e ecco una qualche quota di colpa da attribuire a qualcuno”.


Quanti possono dire di avere un capo così? Uno che sa che direzione prendere, cosa consigliare e come gratificare i propri dipendenti, anche quando sentano di aver sbagliato? 
Scusatemi, ma non siamo in un fantasy!

5 commenti:

  1. viva i cinema parrocchiali! Il mondo cattolico apre la mente

    RispondiElimina
  2. Alla fine l'ho visto e concordo.
    Mi inchino verso il regista, perché con un tema del genere sarebbe stato facile fare un troiaio pieno di banalità,personaggi stereotipati, parossismo, bambini tristi, avvocati senza scrupoli ed eroi che lottano contro grandi complotti.

    La sobrietà di questo film è magnifica. Lo svolgimento dell'indagine è stato messo in scena in maniera magistrale, perché si sono lasciati da parte tutte le stronzate che ci si aspetta da un prodotto del genere come traditori, colpi di scena e idee geniali all'ultimo minuto, e ci si è limitati a mostrare il mondo reale. E come sempre accade, la realtà è sempre molto più appassionante e interessante di qualsiasi fantasia.

    La cosa sconvolgente di tutta la faccenda (e che è proprio il fulcro dell'opera) non sono tanto i preti pedofili e neppure il fatto che si sia cercato di insabbiare lo scandalo.
    Qua il problema è che le gerarchie ecclesiastiche spostavano questi preti di parrocchia in parrocchia con la certezza _matematica_ che avrebbero stuprato altri bambini.

    Questo punto è importante e mi ha un po' sconvolto, perché io pensavo che si fossero limitati a mantener nascosto l'accaduto e a proteggere i pedofili, ma non era così. Gli fornivano un nuovo territorio di caccia e la certezza di rimanere impuniti.
    E l'arcivescovo di Boston che ha permesso tutto questo, per punizione, è stato nominato arciprete di Santa Maria Maggiore...
    E' semplicemente incredibile.

    RispondiElimina
  3. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina

Questo blog non è una democrazia. Gli amministratori si riservano il diritto di rimuovere qualsiasi commento secondo il loro insindacabile giudizio.