Con enorme ritardo sull’uscita in
sala, ecco qualche considerazione sul film “The congress”, lavoro del
talentuoso israeliano Ari Folman, che mi sono gustato senza alcuna
anticipazione sull’opera, evitando tutti i preconcetti che mi avrebbero donato
le recensioni, consultate solo dopo la visione.
Il film del 2013 trae origine dal romanzo "Il congresso di futurologia" di Stanislaw Lem (1973), lo stesso autore del più noto Solaris e partiamo subito con l’affermare che, contrariamente a molti, hai apprezzato parecchio la pellicola.
Diamo il via alla dissezione delle motivazioni.
Immagine presa da qui. |
Anzitutto, un breve accenno alla
trama: si parte dalla descrizione della vita artistica di un’attrice,
interpretata da Robin Wright, che sia per scelte errate, sia per raggiunti
limiti di età (44 anni!) si ritrova alla fine della propria carriera. Ad essa vengono
proposte la digitalizzazione della propria immagine, delle capacità espressive
e la rinuncia ad esse per il periodo del contratto, 20 anni. In pratica l’abbandono
della possibilità di recitare in qualunque luogo/contesto, consentendo a
produttori, sceneggiatori e registi di fare ciò che si vuole dell’attrice,
eternamente giovane, eternamente utilizzabile nei termini del contratto. E’ in
pratica la vendita totale della propria immagine ed a questa possibilità è
dedicata la prima parte della pellicola.
Immagine presa da qui. |
La seconda inizia a 20 anni dalla
introduzione della digitalizzazione degli attori e ci mostra l’attrice intenta
a raggiungere un congresso di futurologia, ove interverrà come ospite d'onore. Nei
20 anni trascorsi, il progresso tecnico/scientifico ha permesso agli spettatori,
previa assunzione di sostanze chimiche che ne modifichino le percezioni, di vivere
una realtà alternativa, come fossero all’interno di un film d'animazione, in
cui ciascuno può rappresentarsi come preferisce. Ciò costituisce una singolarità
scientifica e come tale, l'intelligente regista, ne mostra le conseguenze,
enormi e stravolgenti, sulla società.
Questa seconda “sezione” che presenta
la deriva del mondo dell’intrattenimento, consentita dalla chimica, oltre ad essere contraddistinta da un ritmo differente,
dai più criticato, è anche caratterizzata esteticamente dalla presenza di
attori animati digitalmente, in stile cartoon. Lo stacco fra le due parti del
film è evidente e netto, ma voluto, ricercato dal regista, perciò non
rappresenta assolutamente una criticità.
Non aggiungo altro sulla trama per non rovinare la visione e perché reputo non sia il nocciolo dell’opera.
Non aggiungo altro sulla trama per non rovinare la visione e perché reputo non sia il nocciolo dell’opera.
Immagine presa da Wikipedia. |
A parer mio, questo film è stato
ampliamente frainteso. La protagonista non è l’attrice, ne la sua carriera,
bensì la libertà di scegliere. Nello specifico, la libertà espressiva, come
esplicitato allo spettatore, nel panorama attuale della recitazione
hollywoodiana, è già palesemente minata, con attori costretti a seguire le mode
ed accettare film che nulla hanno a che spartire con la propria formazione e carriera
(aggiungo uno spunto, quanti ad oggi si sono svenduti ai film sui supereroi
Marvel e DC?) e ad avvelenare la propria pelle per tirarla e renderla
apparentemente giovane, perdendo via via proprio le capacità espressive del viso,
parte lievemente rilevante per un attore.
Personalmente, poco o nulla mi
interessa della recitazione e generalmente mi soffermo molto più sulla regia,
ma è indubbio che Robin Wright ed Harvey Keitel, nei panni del suo agente,
siano particolarmente brillanti nelle loro interpretazioni…e mi sembrava pure
il minimo, in un film che ha fra i suoi temi proprio la recitazione!
Il tema portante però, è e resta
la libertà individuale e malgrado io
abbia apprezzato moltissimo il mondo onirico ricreato dal regista, nonchè la
consequenzialità e logicità delle motivazioni e avvenimenti che portano sia l’attrice
a rinunciare alla propria professione, sia il pubblico a fuggire all’interno di
tale realtà alternativa, non mi posso trovare d’accordo sul giudizio, fondamentalmente
negativo, che traspare nell’opera.
Mi spiego meglio; il film
presenta un futuro distopico e mostra le conseguenze realistiche del puro edonismo: l’assuefazione e l’apatica fuga della maggior
parte della popolazione nella realtà alternativa, la ribellione di una
parte minoritaria di essa allo strapotere e controllo delle major, la diffusa perdita della capacità di procreare... ci parla del mondo odierno, descrive una società alla ricerca dell'eterna giovinezza, eterna spensieratezza e continua fuga dalle brutture della vita e responsabilità. La società occidentale dagli anni 80 ad oggi.
Ebbene, torniamo all'interno della struttura del film; perché questo tipo di
progresso tecnologico deve per forza essere (sempre!) negativo?
Tutto ciò che percepiamo non è altro
che la mediazione, diversa da individuo ad individuo, fra i segnali chimici
ormonali e l’interpretazione di segnali elettrici. Che ciò sia potenziato
tramite droghe, da sempre presenti nella storia dell’uomo, tramite la chimica
del film, o tramite il trasferimento della propria coscienza in un computer (Matrix), in un corpo robotico (Ghost in the shell, Surrogates/Il mondo dei
replicanti) o in un sogno (Paprika, link), perché deve esser per
forza un limite?
Perché il diventare esattamente
ciò che si desidera o ciò che ci rappresenta meglio del “sacco di carne” che ci
ritroviamo, non dovrebbe definire più correttamente la nostra individualità?
E’ un tema complesso e sarebbe effettivamente facile
cadere in aberrazioni, per questo non giudico negativamente la sceneggiatura. Attualmente moltissimi modificano profondamente il proprio aspetto,
con trucco, palestra, chirurgia e tossine, per avvicinarsi al proprio ideale, o
più spesso per rientrare in quello ritenuto socialmente apprezzabile. Ma il punto é, se
questo fosse fattibile senza inficiare la propria salute, che male ci sarebbe?
Sono stanco di questo concetto sottinteso
e religioso che il corpo sia il tempio dell’anima e che come tale sia sacro e
vada preservato secondo natura: sono forse naturali le lenti a contatto o gli
occhiali? Eppure sono di indubbia utilità ed efficacia. E psicologicamente/socialmente lo
possono essere anche tatuaggi e piercing (ne sono completamente sprovvisto, ma
assolutamente favorevole).
Se il tema è la libertà, perché
in una condizione che lo permetta, non dovrei esser libero di rappresentarmi
come meglio creda?
Immagine idilliaca presa da qui. |
Nonostante questo disaccordo di fondo,
ho apprezzato molto il film “The congress”, per la capacità di sollevare interrogativi importanti pur non tralasciando di emozionare lo spettatore, per il coraggio nella
messa in scena, per l'ottima fotografia/disegno e per l’enorme fantasia artistica dimostrata.
Mi auguro che Ari Folman continui
a stupirmi e che per lui banalità e vigliaccheria espressive restino delle
sconosciute.
Buona visione.
Buona visione.
Non l'ho ancora visto, ma ricordo con piacere "Valzer con Bashir", film che pensavo fosse una paraculata senza fine (classico polpettone perbenista che parla del medioriente per ottenere consensi) ma che alla fine si è rivelato bellissimo.
RispondiEliminaRiguardo al tema, se è così come lo poni, sono d'accordo con te. La paura di alterare il proprio corpo o la propria percezione, oltre ad essere irrazionale, va contro la realtà (millenaria) dei fatti...
Non so se nella recensione si comprenda bene, ma l'autore decide di mostrare una degenerazione sociale estrema per criticare aspetti già presenti nella società attuale. Questo è per me il valore del film, oltre alle meravigliose rappresentazioni oniriche, ovvero il messaggio sociale che un buon film di fantascienza deve avere se non vuole esser puro intrattenimento.
EliminaCiò che invece critico è che la singolarità scientifica mostrata, nella realtà si sarebbe potuta ben associare ad un progresso sociale dell'umanità.
ATTENZIONE SPOILER
Perchè mostrare la popolazione sotto chimica come barboni drogati, anzichè soggetti in apposite strutture i cui gli involucri siano conservati nella igiene e nel comfort. Perchè metter in scena sempre le degenerazioni (la risposta è nelle mie prime righe), anzichè avere il coraggio di proporre una utopia, con una libertà, anche parziale, dagli schemi attuali e dal lavoro, tanto per cambiare.
Mi hai proprio fatto venire voglia di vederlo
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