Articolo di:
AleK
Oggi un breve articolo/riflessione su un racconto
vincitore del premio Hugo nel 1961:
Il viaggio più lungo.
Si tratta di un'opera molto bella ed emozionante, ma che mi ha profondamente deluso nel finale. Un po' è quel che accadde anche con la lettura de
La ragazza degli Haiku ma, mentre nel racconto di Besa fu un finale troppo buonista e poco coerente col resto del racconto a deludermi, nella novella di Anderson è il
messaggio finale a lasciarmi molto perplesso e a rappresentare un qualcosa che nella mia personalissima scala di valori reputo assurdo.
Per chi conosce un poco il mondo di Star Trek, si tratta di un concetto molto simile a quello della
Prima Direttiva (anche se al contrario): il fatto che sia giusto non intervenire su pianeti meno progrediti di noi per permettergli di seguire il corso della loro storia.
Nel racconto in questione le cose non vanno esattamente così, come dicevo è un po' diverso e non entro nel dettaglio per non anticipare troppo quanto accade, ma il concetto è simile.
Ora vi spiego perché ho sempre ritenuto questa idea estremamente egoistica, però vi anticipo che, sebbene abbia cercato di scrivere l'articolo per un pubblico ampio, lo potranno comprendere a fondo solo coloro che conoscono il racconto. Questo perché ho cercato di evitare il più possibile di scrivere
spoiler. Anche se credo che un buon racconto non venga mai rovinato dalle anticipazioni, in quanto sono i temi la cosa più importante, non la trama che fa da contorno...