lunedì 26 ottobre 2015

I cannibali di Candyland di Carlton Mellick III

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Articolo di: AleK

Dopo alcune settimana di noia assoluta dedicate alla lettura di racconti di space opera, mi è arrivata una gradita boccata d'aria fresca dalla pubblicazione di un nuovo racconto lungo di Mellick. E, questa volta, dopo la parentesi di Pugni di armadillo che non mi aveva convinto molto, si tratta di un'opera che ho apprezzato parecchio.

Recensire questo racconto non è stato facile, nelle pubblicazioni italiane non si è seguito un ordine cronologico che rispettasse la pubblicazione originale e da ciò deriva che diversi temi presenti in quest'opera potrebbero erroneamente apparire come riciclati da altre, quando è in realtà il contrario.
Fuggire da questo inganno mentale è veramente difficile pur essendo consapevoli del fatto, dunque per fare un lavoro critico adeguato sarebbe necessario rileggere tutte le opere in ordine cronologico in modo da poter notare efficacemente come vari elementi cari all'autore vanno cambiando col tempo e vengano riutilizzati in altri contesti.
Forse un giorno lo farò, per ora dovrete accontentarvi di impressioni post lettura dallo scarso valore critico...


Premesso questo, vi dico che probabilmente si tratta del racconto che più mi ha disturbato tra quelli fin'ora pubblicati in Italia, perché per almeno tre quarti dell'opera il nostro sistema di valori dovrà scontrarsi con quello di creature che vanno al di là del bene e del male. Anche questa non è una novità in Mellick solo che nelle altre opere lette fin'ora, alla base di questo scontro, vi era una sorta di critica sarcastica verso certe manie umane, in questo caso no, non c'è la critica verso certe posizioni animaliste come ne Il villaggio delle sirene o verso la la demenza di certe associazioni dei genitori come ne La marcia carnale, qui siamo di fronte a creature che massacrano bambini per nutrirsi e a una persona che deve sopravvivere tra loro. E le scene che ci descrivono questa convivenza sono agghiaccianti e, allo stesso tempo, naturali e spontanee. Ancora una volta si gioca con le emozioni del lettore, mostrando atrocità terribili ma anche un mondo vivo e che vive grazie a queste atrocità, non usa il parossismo per fare retorica o per indignare il lettore, ma per metterlo di fronte a scelte da prendere in situazioni drammatiche.
Recentemente con Ataru si ha scritto un lungo articolo riguardo il film Self/less e su quello che un uomo è disposto a fare per la propria sopravvivenza. Inutile dire che quel film toccava vette estreme di banalità riguardo questo argomento, l'esatto opposto di quanto faccia Mellick nelle sue storie, arrivando ancora una volta al paradosso di rendere più realistico, interessante e toccante un racconto popolato da uomini-caramella rispetto a un'opera che dovrebbe parlare di umani veri.

Come spesso accade nelle storie di Mellick, l'amore non è mai separato dalla sessualità e la sessualità è sempre un qualcosa di inebriante e appagante, per quanto aliena, bizzarra o inopportuna, porterà sempre alla felicità dei protagonisti, anche quando sembrerà essere la responsabile della loro fine. E' come una droga in grado di far incrinare i valori morali e le sicurezze dei personaggi, gli confonde la mente, ma allo stesso tempo gli permette di scoprire cose nuove, ampliare la proprio visione del mondo, conoscere nuovi punti di vista (senza doverli necessariamente accettare), ma soprattutto conoscere il proprio partner, per quanto alieno e ingannevole possa essere. Per quanto possano perdere (anche fisicamente) dall'atto sessuale, sarà quasi sempre un qualcosa per cui ne è valsa la pena. Per quanto basate sulle menzogne e sulle allucinazioni indotte, le relazioni che si creeranno saranno motivo di crescita per i personaggi, nonostante non siano mai relazioni facili, amori incondizionati o basati sulla sicurezza. I personaggi affrontano ogni giorno contraddizioni che solo l'amore può far accettare.
In questo caso la differenza tra le due civiltà che si affrontano è così profonda che apparentemente si arriva a una frattura insanabile, resta però evidente come la vera ragione delle scelte che portano all'epilogo finale non sia determinata dalla differenza di punti di vista, ma giri attorno all'istinto di sopravvivenza del protagonista, che in un primo momento lo porterà ad accettare l'inaccettabile e in un secondo momento a dover abbandonare il luogo della sua rinascita per tornare necessariamente al proprio mondo. Non sono mai i suoi principi morali a dominare, così come non è l'amore o la dipendenza alla droga a fargli prendere decisioni definitive, ma il semplice e fondamentale istinto di sopravvivenza. E io adoro le storie in cui la sopravvivenza di un personaggio dipende dalle proprie scomode scelte, perché siamo capaci tutti di apparire bravi, buoni ed eticamente corretti, fino a quando non è in gioco la nostra pelle.

Per concludere questa prima parte dell'articolo, si tratta di una delle tre opere che più mi è piaciuta, tra quelle tradotte fin'ora, assieme a La marcia carnale e Il villaggio delle sirene, forse un po' meno rispetto a queste due, ma comunque stupenda, un crescendo continuo di emozioni fino a un finale degno delle migliori storie di Mellick.

Oltre a questo l'opera dà anche l'opportunità di discutere di alcuni aspetti della narrativa fantastica, come la coerenza e la verosimiglianza.
Nonostante già da diversi anni si discuta dell'importanza di questi elementi anche in un'opera di narrativa fantastica, molte persone (incredibilmente) continano a giustificare ogni fesseria presente in un racconto con le parole "Tanto è fantasy/fantascienza/weird..." ammazzando sul nascere qualsiasi discorso razionale si possa fare, arrivando al punto che, ogni qualvolta si tenta di discutere razionalmente dei difetti o pregi di un'opera (magari toccando autori di fama o opere ormai considerate come classici), anziché rispondere con contro-argomentazioni, si passa direttamente allo sfottò e si viene automaticamente accusati di volersi ergere allo status di Esperto, quando in realtà si cerca solo di applicare la logica a un discorso, per riuscire a comprendere il perché un'opera ci piace o non ci piace, quali sono le ragioni alla base delle nostre opinioni, che cosa cerchiamo nella lettura e così via.
Come detto anche a proposito di Effetto valanga, la letteratura deve anche riuscire a migliorarci, farci avanzare con il pensiero, sennò è inutile.


Ne I cannibali di Candyland è presente un errore e questo errore dimostra come non basti appartenere al genere fantasy o, addirittura, alla Bizarro fiction, per poter giustificare l'essere approssimativi.
In questo caso l'errore è molto difficile da scovare, poiché molto specialistico, conosco addirittura addetti ai lavori che probabilmente non lo noterebbero. Vi lascio la citazione, si descrive la nascita degli uomini-caramella:

Proprio come i ragni si sono evoluti per produrre ragnatele così da catturare gli insetti, proprio come i ghepardi si sono evoluti per correre più velocemente così da catturare le antilopi, proprio come i pesci lanterna si sono evoluti per produrre le luci che attraggano i pesci più piccoli nelle loro bocche, noi ci siamo evoluti in uomini caramella così da catturare più facilmente le nostre prede: i bambini. I nostri antenati erano una comunità di cannibali che attiravano i bambini con le caramelle. Dopo diverse generazioni, i giovani hanno cominciato a nascere con le caramelle che gli crescevano dalle mani. Alla fine hanno cominciato a nascere con la pelle di caramella. È così che funziona l’evoluzione.

L'errore non è facile da scovare.
Ovviamente l'evoluzione non funziona così, ma l'errore non sta nel fatto che da una struttura organica vivente ci si trasformi in un manufatto industriale non-vivente. Quello non può essere l'errore, perché è l'elemento bizzarro che contraddistingue il genere. Deve essere presente, sennò non è Bizarro fiction.
L'errore sta nel fatto che nulla si "Evolve per...". Non c'è una finalità nell'evoluzione, ma solo casualità seguita da una selezione. Chissà quanti felini mutanti con un'alta predisposizione alla corsa sono nati ma non hanno lasciato tracce del loro passaggi perché originatisi in una foresta o in montagna, ovvero in ambienti nei quali le loro caratteristiche non gli offrivano alcun vantaggio sugli altri felini, a differenza di quel proto-ghepardo che si originò in un ambiente simile all'odierna savana, ricevendo per puro caso un vantaggio su altri felini (una maggior velocità) e potendo dunque trasmettere il proprio patrimonio genetico alla prole. E stiamo comunque parlando di un animale che non era un ghepardo.
Volendo essere pignolo, una versione migliore (scientificamente, non letterariamente) di quel passaggio potrebbe essere questa:
Proprio come una mutazione casuale ha reso più viscoso qualche tipo di secrezione in un antenato del ragno, facilitandogli il compito di catturare gli insetti; proprio come una mutazione casuale ha conferito una maggior predisposizione alla corsa a un antico felino potando alla nascita di quello che noi oggi chiamiamo ghepardo; proprio come una casuale mutazione ha dato origine alla bioluminescenza, utilizzata oggi dai pesci lanterna per catturare le loro prede; così noi ci siamo evoluti in uomini caramella. I nostri antenati erano una comunità di cannibali che attiravano i bambini con le caramelle. Improvvisamente alcuni bambini iniziarono a nascere con le caramelle che gli crescevano sulle mani. Probabilmente è accaduto anche in altre comunità di ominidi, solo che per loro si trattava di una mostruosità che non gli conferiva alcun vantaggio, mentre tra i nostri antenati quei mutanti prosperarono avendo un enorme vantaggio selettivo sugli altri e, progressivamente, in milioni di anni, arrivarono a dare origine agli attuali uomini caramella. E' così che funziona l'evoluzione.
L'elemento bizzarro è sempre presente, le conclusioni continuano a essere impossibili e dunque l'evoluzione continua a "non funzionare così" come prima ma, se assumiamo quella bizzarria come possibile o la eliminiamo, il discorso generale possiede una verosimiglianza scientifica più accurata e la mente è più propensa ad attivare la sospensione dell'incredulità.
Anche per il fantasy più estremo è necessario non sparare fatti a caso, se si vuole fare della buona letteratura, ovviamente...
In questo caso l'errore è molto comune, raramente leggo riassunti dell'evoluzione che si avvicinino un poco alla teoria reale, addirittura quando ne parlano i creazionisti leggo fesserie ben peggiori, tanto da rendere gli uomini caramella più probabili rispetto alle loro idee (e non scherzo), però è mia opinione che, proprio perché presente un elemento bizzarro, fosse necessaria una trattazione dell'argomento differente rispetto al normale. Ma, ovviamente, potrebbe trattarsi solo di deformazione professionale...

Le opere di Mellick funzionano proprio perché raramente commette sviste di questo tipo, o cumunque lo fa su argomenti (come questo) per i quali è necessaria una conoscenza molto approfondita e tecnica per rendersi conto dell'errore. In generale le sue bizzarrie, anche le più estreme, sono ben amalgamate con la realtà, non sono buttate lì a caso, per quello funzionano.
Dire "Ma tanto è solo..." è il primo passo per uccidere un genere. Poi se vi vengono a dire che leggete stronzate, non lamentatevene, probabilmente hanno ragione.

3 commenti:

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  2. Quindi, da come ne parli questo è uno dei racconti più stranianti di Mellick, giusto?
    L'idea che mi sono fatto io è che Mellick utilizzi la politica del pugno nello stomaco (letterariamente parlando) giusto per obbligare la gente a riflettere su tutte le opinioni preconcette...ed anche contro un certo "perbenismo di facciata", però chi lo sa? Magari sbaglio. ^^
    Ottima analisi, come sempre la tua.

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  3. E' abbastanza disturbante, più degli altri... ^^
    In senso buono si intende, come dovrebbe essere una storia cruda che parla di cannibali che mangiano bambini. :)

    Per il resto, concordo con quanto dici. Attraverso le scelte dei suoi protagonisti, mostra tutto l'egoismo e l'ipocrisia che ci circonda. Al di là delle bizzarrie, non dubito che la maggior parte di noi reagirebbe allo stesso modo, dandosi le stesse giustificazioni.

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