Scritto da: Ataru Moroboshi
"- In piedi
campeggiatori, camperisti e campanari! Mettetevi gli scarponi, oggi fa freddo.
- Qui fa freddo ogni giorno. Fa freddo! Non siamo mica a Miami Beach, sai?"
- Qui fa freddo ogni giorno. Fa freddo! Non siamo mica a Miami Beach, sai?"
Se queste due frasi non vi dicono nulla,
dovete assolutamente leggere questo post e subito dopo recuperare un film. Se
invece vi hanno stampato un sorrisetto in volto ... a maggior ragione dovete
leggerlo!
Anni fa, quando ancora ero uno studente
universitario, mi capitò di discutere con un amico del film “Ricomincio da capo”, che molti giustamente chiamavano “Il
giorno della marmotta”, traduzione corretta della commedia del 1993 “Groundhog Day”, diretta da Harold
Ramis e scritta da Danny
Rubin.
La sera stessa ce lo riguardammo e da
allora non perdo occasione per proiettarlo, soprattutto con persone conosciute
da poco, di cui non conosca i gusti e con cui voglia condividere una serata
divertente, a prescindere da preferenze cinematografiche, età e dalle basi
culturali.
Avendo avuto diverse occasioni per
rivederlo, ho notato due cose:
- Che piace a tutti, ma proprio tutti. Incredibilmente riesce a comunicare a ogni generazione, anche a quelle più giovani ed abituate a ritmi più sostenuti.
- Che quasi nessuno comprende il vero significato dell’opera, tutt'altro che nascosto.
Perché?
Partiamo dalla storia e poiché il film ha più di 20 anni, mi concederò
tutti gli spoiler possibili e immaginabili!
Un cinico meteorologo televisivo, Phil
Connors, interpretato dal sempre grandioso Bill Murray
(fortunatamente fu preferito a Tom
Hanks), si reca in Pennsylvania per
l’annuale ”Giorno della marmotta” (2 Febbraio), nella piccola cittadina di Punxsutawney. Ben
presto si ritroverà bloccato da una tormenta di neve e, peggio ancora, da un
loop temporale che lo costringerà a rivivere eternamente tale giornata, senza
la possibilità di tornare a casa, ma nemmeno di proseguire nella propria vita,
condannato dalla radiosveglia a destarsi ogni mattina alle 06.00 al suono di I
Got You Babe di Sonny
& Cher! La giornata trascorre
inesorabilmente allo stesso modo della precedente, tutto si ripete esattamente,
ogni dì, per sempre, come la giornata di un impiegato comunale (!); ciò
consentirà a Phil di conoscere ogni dettaglio di quella giornata e di tutti gli
abitanti della cittadina.
Inizialmente il lato cinico del
protagonista prevarrà, portandolo a sfruttare tali conoscenze e la riflessione
che un giorno senza un domani sia privo di conseguenze, per portarsi a
letto le abitanti, per rubare denaro e per abbuffarsi (parti geniali ed
esilaranti del film).
Tutto fila liscio sino a quando non
prova a conquistare la collega Rita, una Andie MacDowell in
stato di grazia. Qui cominciano una serie di fallimenti che portano Phil alla
depressione e a una serie, tanto assurda quanto ridicola, di tentativi di
suicidio: memorabile quello in cui sacrifica anche la marmotta!
Phil, spinto da rassegnazione e noia,
arriverà a confidare la propria situazione a Rita, la quale gli consiglierà di
aiutare il prossimo. E’ in questo momento che il protagonista abbandonerà la
fase autodistruttiva, oltre alla precedente ricerca edonistica del piacere. Si
metterà a servizio della piccola comunità e comincerà ad avere rapporti più
onesti con le persone, compresa la bella Rita. Nel momento in cui il protagonista
cambierà, lo faranno anche le giornate ed il tempo tornerà a scorrere.
Sembra una bella favola più che una
commedia, perché c’è un percorso di crescita, una redenzione, un lieto fine e
soprattutto un messaggio chiarissimo. Phil imparerà a occuparsi di altre
persone oltre a sé (sostituendo ad esempio una gomma forata), a preoccuparsi di
concittadini (come il bambino sull’albero e il vecchietto morente…) ed
espanderà anche le proprie capacità (imparando ad esempio a suonare il
pianoforte, lanciare le carte e a scolpire il ghiaccio). Tutte queste cose lo
muteranno caratterialmente e questo indurrà il cambiamento della giornata, come
dire che solo cambiando noi stessi, possiamo cambiare la nostra vita ed il
mondo che ci circonda.
Una lezione bellissima, una prospettiva
diversa che mi viene in mente quasi settimanalmente, quando riscontro qualcosa
che non mi va bene, o che reputo ingiusta e risulta sempre un ottimo modo per
evitare di piangersi addosso. Invita contemporaneamente alla riflessione e
all’azione, cosa positiva in un mondo che si lamenta sterilmente sui social, di
tutto e tutti, spesso nell’inazione assoluta.
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Una vita senza conseguenze non comprende il diabete! |
Peccato che di questo bel film rimangano
solo le gag e la marmotta! Queste sono il pregio e simultaneamente il limite
dell’opera, poichè è talmente riuscita come commedia, che evidentemente se ne
perde il senso. Ovvio che il limite sia in realtà nei fruitori. Il lato comico
era stato giustamente enfatizzato dal regista per evitare il rischio principale
per questa pellicola, in cui gli eventi si ripetono continuamente, ovvero la
noia.
Rischio completamente escluso dalle
molte trovate per rendere vari e divertenti i 103 minuti a disposizione di
questa pellicola. Merito anche degli attori, le capacità interpretative dei
protagonisti, Bill Murray e Andie MacDowell sono magistrali e
reggono la pellicola tanto quanto gli avvenimenti.
Il film ha avuto così tanta risonanza
che l’espressione “have a Groundhog Day” viene ancora oggi
utilizzata per definire le giornate noiose e ripetitive e lo schema di questa
storia è stato più volte "saccheggiato" da film e serie televisive,
come ad esempio dalla mia amata Star Trek: The Next Generation (serie 5, episodio 18, "Circolo
chiuso").
A rendere imperdibile questo film non vi è solo l'idea
di base, la messa in scena, la comicità sorprendente e la bravura degli attori
(anche se basterebbero!), ma vi sono anche decine e decine di frasi memorabili
e a volte coraggiose. Un esempio ne è la scena in cui Phil cerca di convincere
Rita di essere un Dio e non potendole dimostrare la propria immortalità, le
rende palese la propria onniscienza sul 2 febbraio a Punxsutawney,
descrivendole dettagli e avvenimenti imprevedibili.
Rita : Sei Dio?!?
Phil : Ho detto che sono un dio, non Dio. Almeno credo.
Rita : Perché sei sopravvissuto a un incidente?
Phil : Sono sopravvissuto a un incidente; non solo ieri sono esploso, mi sono avvelenato, pugnalato, sparato, congelato, impiccato, fulminato e bruciato.
Rita : Oh, davvero?
Phil : E ogni mattina mi sveglio senza un'ammaccatura, senza una ferita... sono immortale!
Rita : Perché me lo stai dicendo? ?
Phil : Perché voglio che tu creda a me.
Rita : Tu non sei Dio, non ne hai la stoffa. Sono 12 anni di scuola cattolica che te lo dicono.
Phil : Ho detto che sono un dio, non Dio. Almeno credo.
Rita : Perché sei sopravvissuto a un incidente?
Phil : Sono sopravvissuto a un incidente; non solo ieri sono esploso, mi sono avvelenato, pugnalato, sparato, congelato, impiccato, fulminato e bruciato.
Rita : Oh, davvero?
Phil : E ogni mattina mi sveglio senza un'ammaccatura, senza una ferita... sono immortale!
Rita : Perché me lo stai dicendo? ?
Phil : Perché voglio che tu creda a me.
Rita : Tu non sei Dio, non ne hai la stoffa. Sono 12 anni di scuola cattolica che te lo dicono.
Phil : Probabilmente il vero Dio usa dei trucchi, probabilmente non è
onnipotente, ma è li da tanto tempo che sa tutto!
Se aveste visto come seduce una paesana non avreste dubbi ... è un Dio!
Un'altra scena memorabile si ha quando Phil chiede a due uomini ubriachi in un bar (Gus e Ralph) cosa accadrebbe se uno fosse costretto a vivere sempre nello stesso luogo, i giorni fossero tutti uguali e nulla fosse veramente importante.
La risposta avvilita di Gus "sembra la mia vita" induce le risate e una banale considerazione, ovvero che la situazione di Phil non sia poi così astratta e una ulteriore riflessione: in realtà tutto l'universo in cui si muove il protagonista ricomincia da capo, perdendo consapevolezza degli eventi, mentre lui sarà l'unico a conservarne la memoria. Non avrà la possibilità di lasciare traccia alcuna, nelle persone e negli oggetti, ma potrà mantenere la propria memoria e con essa la propria identità. Nelle giornate che si ripetono, gli abitanti della cittadina è come se divenissero oggetti utilizzabili da Phil a piacimento, proprio perché non conserveranno memoria di alcun fatto. Se ci si pensa è una tragedia; sapere che nulla di ciò che si dirà e farà resterà nella vita di qualcun altro, è una sorta di maledizione (idea presente nelle prime stesure della sceneggiatura).
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Una Andie MacDowell negli anni di massimo splendore ... prima delle creme-viso! |
Però esser l'unico che ricorda gli avvenimenti è anche
una opportunità enorme che, seppur non da subito, Phil coglierà. Avrà a
disposizione un tempo teoricamente infinito (sicuramente anni) per vedere gli
avvenimenti di una giornata da tutte le angolazioni possibili, con tutti i
livelli di conoscenza che esso possa desiderare.
La conoscenza da sola, non gli sarà però sufficiente
per "sbloccare" la propria situazione, ne tantomeno per
conquistare Rita; qui risiede a parer mio l'intuizione più forte
dell'autore.
Posto che in un mondo senza conseguenze, la comune
morale non abbia alcun significato (e gradirei espandere il concetto anche alla
nostra realtà, prima o poi),
- sino a quando Phil non si sentirà parte dell'universo in cui si muove,
- sino a che non avrà a cuore il benessere dei
concittadini,
- sino a quando non sarà stato modificato da ciò che
ha appreso di loro e di sé ed attraverso le pratiche artistiche,
- e sino a che non svilupperà le qualità che Rita
cerca in un uomo,
ebbene non potrà meritarne l'amore e accedere a una
vita con lei, una vita fatta di tante giornate ... diverse.
La conoscenza fine a se stessa, come può essere quella che ti permette di superare a malapena un esame, o un colloquio di lavoro (e non intendo "le conoscenze"!), per l'aver accumulato una serie di dati e competenze, o addirittura la sua estremizzazione nella pellicola, l'onniscienza del protagonista, non saranno mai realmente utili alla realizzazione individuale.
Phil è un "dio infelice" e solamente
quando permetterà alla conoscenza di modificare prospettive, modo di pensare e
interpretare la realtà, solo allora tornerà ad essere un uomo e a vivere
una normale realtà temporale.
E' importante dedicarsi con passione a qualcosa,
approfondendola con gioia e seguendo le proprie inclinazioni naturali, come
suggerito nei magnifici "A noi vivi" e "Straniero in terra
straniera" del mai troppo citato Robert A. Heinlein; forse è il solo modo per creare una
società ricca di individui soddisfatti e che non si usino a vicenda.
Il film, oltre a suggerire un percorso conoscitivo
profondo, è un pacato invito ad aver cura dell'esistenza altrui per averne
della propria e nel contempo è un'opera comica, che ancora diverte
moltissimo. Per questi motivi (e per restare in argomento) deve essere
conosciuto!
Come tutte le opere degne, il tempo non
l’ha intaccata e, se avete occasione, non rinunciate alla possibilità di
divertirvi vedendo uno splendido percorso di crescita che trasformerà un
superficiale cinico in una persona sensibile e piena di capacità…ovvero
l’opposto di quel che normalmente fa la vita!
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Il personaggio più irritante della storia ... dopo Jar Jar Binks ovviamente! |
Questa è la mia personale e gratuita opinione; per una
volta ho deciso di confrontarla con un po' di critica professionale, che
riporto di seguito, lasciando il confronto a chi si sia già gustato la
pellicola.
"Per come è strutturato
"Ricomincio da capo" sembra un susseguirsi di ciak: in quanti modi
una scena può essere girata? In quanti modi un personaggio può reagire davanti
a una certa situazione? E metaforizzando: in quanti altri modi potremmo giocare
la nostra esistenza migliorandola?" (Alessandra Levantesi, La
Stampa)
"Niente di trascendentale, fuorchè il problema spazio temporale, ma una commedia garbata, old style nel recupero dei sentimenti della vita quotidiana che ricomincia ogni mattina." (Maurizio Porro, Il Corriere della Sera)
"Senza grandi voli e senza neanche molte novità (il genere è quello e vie diverse non ne cerca), ma quel tanto di surreale che le situazioni propongono, con "ritorni al futuro" rovesciati e "attimi fuggenti" appesi a un chiodo, non fatica, troppo a convincere." (Gian Luigi Rondi, Il Tempo).
"Niente di trascendentale, fuorchè il problema spazio temporale, ma una commedia garbata, old style nel recupero dei sentimenti della vita quotidiana che ricomincia ogni mattina." (Maurizio Porro, Il Corriere della Sera)
"Senza grandi voli e senza neanche molte novità (il genere è quello e vie diverse non ne cerca), ma quel tanto di surreale che le situazioni propongono, con "ritorni al futuro" rovesciati e "attimi fuggenti" appesi a un chiodo, non fatica, troppo a convincere." (Gian Luigi Rondi, Il Tempo).
Un sentito grazie ai "ritorni al
futuro" rovesciati e agli "attimi fuggenti".
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