mercoledì 17 giugno 2015

Il viaggio più lungo di Poul Anderson

Articolo di: AleK

Oggi un breve articolo/riflessione su un racconto vincitore del premio Hugo nel 1961: Il viaggio più lungo.

Si tratta di un'opera molto bella ed emozionante, ma che mi ha profondamente deluso nel finale. Un po' è quel che accadde anche con la lettura de La ragazza degli Haiku ma, mentre nel racconto di Besa fu un finale troppo buonista e poco coerente col resto del racconto a deludermi, nella novella di Anderson è il messaggio finale a lasciarmi molto perplesso e a rappresentare un qualcosa che nella mia personalissima scala di valori reputo assurdo.

Per chi conosce un poco il mondo di Star Trek, si tratta di un concetto molto simile a quello della Prima Direttiva (anche se al contrario): il fatto che sia giusto non intervenire su pianeti meno progrediti di noi per permettergli di seguire il corso della loro storia.
Nel racconto in questione le cose non vanno esattamente così, come dicevo è un po' diverso e non entro nel dettaglio per non anticipare troppo quanto accade, ma il concetto è simile.
Ora vi spiego perché ho sempre ritenuto questa idea estremamente egoistica, però vi anticipo che, sebbene abbia cercato di scrivere l'articolo per un pubblico ampio, lo potranno comprendere a fondo solo coloro che conoscono il racconto. Questo perché ho cercato di evitare il più possibile di scrivere spoiler. Anche se credo che un buon racconto non venga mai rovinato dalle anticipazioni, in quanto sono i temi la cosa più importante, non la trama che fa da contorno...

Prima è necessaria una premessa importante, non stiamo parlando di una popolazione tecnicamente più progredita che entra in contatto con un'altra. Tipo conquistadores e Aztechi oppure coloni e indiani d'america.
Qui parliamo di società altamente evolute, non solo scientificamente ma anche (e soprattutto) socialmente. Società che non sono basate sul profitto, senza disparità sociali, in cui il progresso fornisce a chiunque tutto ciò di cui ha bisogno (e non il minimo di sussistenza). E in cui ognuno può vivere la propria vita secondo le proprie inclinazioni.
Parliamo di utopie alle quali ambire.

Se una società di questo tipo dovesse venire in contatto con un'altra che ancora non ha raggiunto questo grado di sviluppo, dovrebbe essere un suo dovere quello di intervenire in aiuto degli altri. Senza alcuna coercizione, semplicemente offrendo aiuto e conoscenza. Sarebbe un suo dovere in nome dei miliardi di miliardi di esseri morti o che hanno sofferto per permettergli di arrivare allo stesso grado di sviluppo. E per impedire che la carneficina si ripeta.

L'idea di non intervenire per lasciare il (cosiddetto) diritto agli altri popoli di cresce e progredire da soli, è un'aberrazione: si pensa alla razza umana come se fosse un organismo che cresce, apprende dai propri errori e matura. Ma... non è così!
La razza umana è composta da miliardi di individui la maggior parte dei quali soffre e muore quotidianamente senza apprendere alcunché e nel passato è pure stato peggio, la quasi totalità della popolazione mondiale era assolutamente all'oscuro della storia del proprio pianeta o della propria specie. Stiamo parlando di una infinità di gente che è morta e ha sofferto per non avere mezzi di sussistenza adeguati o per vivere in società folli, il fatto che noi oggi si abbia una conoscienza scientifica più sviluppata e (per puro culo) si viva in una parte del mondo dove la vita umana conta ancora (relativamente) qualcosa, non ci dà il diritto di crearci una filosofia spicciola che abbia come conclusione il fatto che sia stato giusto così.

Ora, per tornare al finale del racconto, quel che io non sono riuscito ad accettare, non è stato tanto la scelta del Capitano protagonista, perché quella scelta era assolutamente coerente col personaggio, che avrebbe perso la propria ragion d'essere altrimenti. Ma è il fatto che l'autore propone quella scelta come adeguata e giusta per la razza umana!
Se fosse emersa come scelta egoistica da parte di un personaggio avrei adorato quello che era uno stupendo racconto, ma così non posso proprio accettarlo. Per quale ragione dovrebbe essere giusto condannare centinaia di milioni di individui alla morte e alla sofferenza?
Se nel medioevo una razza aliena fosse sbarcata sulla terra aiutandoci nel creare un'utopia reale, nutrendo l'intero pianeta e curando i malati e sofferenti (non sarebbe stato necessario neppure regalare tecnologie per riuscirci) e conducendoci dritti a un futuro di pace e prosperità, per quale ragione dovremmo considerare ciò come qualcosa di sbagliato?
Perché non abbiamo vissuto la nostra storia?
Ma, caspita, da allora ad oggi avremmo vissuto comunque la nostra storia, solo diversa, senza massacri, senza fame, senza stenti. Ma avremmo vissuto la nostra storia.

Poi, chiaro, il discorso è complesso. Ognuno dovrebbe esser lasciato libero di scelta, per quello dico che se fosse stata la scelta dei personaggi e non il messaggio dell'autore, lo avrei accettato e il racconto sarebbe per me stato un capolavoro, ma in generale, l'idea dello "Sviluppo naturale" è per me una stupidaggine.
Tutto è Sviluppo naturale, facciamo parte di questo universo ed è inutile parlare di abrogazione delle frontiere se poi ne creiamo delle altre attorno ai pianeti. Così come le popolazioni della Terra si sono influenzate e hanno condiviso il sapere, sarebbe giusto farlo anche a scale maggiori...
Il fatto è che per gli uomini è Sviluppo naturale solo quelle che hanno vissuto loro (miopia estrema), ma in un mondo immaginario come quello di questo racconto o Star Trek, altri mondi potrebbero essersi sviluppati col contatto durante età preistoriche (o storicamente più antiche rispetto al periodo che viviamo) con mondi alieni, avendo vissuto uno sviluppo altrettanto naturale.

Per me ogni popolazione ha il diritto di vivere secondo le proprie necessità, io credo nell'autodeterminazione dei popoli. Se una popolazione vuol vivere come tribù nella foresta, per me ha il diritto di farlo.
Ma se venissero colpiti da una epidemia e ci chiedessero degli antibiotici, che dovremmo fare? Negarglieli perché da soli arrivino allo sviluppo tecnologico moderno?
Oppure, molto più complesso, se la popolazione avesse bisogno di antibiotici, ma una casta sacerdotale vi si opponesse in nome degli Dei e noi avessimo la possibilità di aiutarli? Lasceremmo morire gente pur di non intervenire?

Come vedete sono temi complessi (e affrontati meglio nell'opera E' difficile essere un dio dei fratelli Strugatski), ma è proprio per questo che non posso, accettare che mi venga venduto a cuor leggero come giusto il concetto espresso nelle ultime pagine del libro e reputo che si tratti solo di una idea estremamente egoistica, scritta e accettata da gente con la pancia piena quotidianamente e che vive per puro caso in un' epoca e in luoghi privilegiati e il cui prezzo da pagare sarebbero miliardi di miliardi di vite umane, oltre all'ecosistema intero di un pianeta.

Il viaggio più lungo è quello che affrontiamo quotidianamente a causa dell'ignoranza e dell'incompetenza, non c'è alcunché di poetico e di profondo in questo.

6 commenti:

  1. Ho riflettuto parecchio sulla questione che poni in questo post.
    Direi che entrambe le posizioni di cui parli, "interventista" e "entomologica" (passami il termine metaforico), hanno ottimi argomenti dalla loro.
    Vorrei proporti uno stralcio di una intervista fatta a Massimo Ottolenghi, che ha cento anni.

    Come ci si sente ad avere un secolo sulle spalle, avvocato?
    "Molto pesante, molto distrutto, molto deluso. Provo tanta amarezza per questo nostro Paese, per l'umanità. Rivedo nelle vicende di oggi tante cose già viste, che non credevo potessero ripetersi. Penso alla guerra in Ucraina; penso all'odissea dei migranti che mi ricorda la tragedia di quella nave con mille profughi ebrei, la Saint Louis, che nel 1939 vagò da un porto all'altro. Nessuno volle accoglierli. Ritornarono in Germania, molti di loro morirono poi nei lager, a Sobibor, ad Auschwitz. Gli uomini, insomma, non hanno imparato niente".

    Ecco. L'uomo non impara niente.
    Per questa ragione, tagliando la testa al toro, credo di propendere, alla fine, per la soluzione "entomologica" della questione.

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    1. Però, vedi, le società immaginarie citate avevano imparato. Realmente.
      D'altra parte, una società come la nostra non si porrebbe neppure il problema, mentre in accademia si andrebbe discutendo se intervenire o no, lei invaderebbe senza pietà, in una maniera o in un'altra.
      Va da sé che col nostro livello attuale, pure io sono chiaramente per la soluzione "entomologica".

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  2. Sempre molto acute le tua analisi amico mio.
    Ho condiviso il tuo post su facebook e twitter.

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  3. Premetto che non ho letto il racconto, però la questione è interessante anche perché da fan di ST mi sono spesso “interrogato” sulla prima direttiva, trovando spesso troppo religioso ed integralista almeno il modo in cui la flotta la interpreta ed applica.
    Argomento non facile, va premesso che ogni considerazione la facciamo con l'ottica e l'etica nostra ed attuale, una visone aliena o remota nel tempo ci è per l'appunto estranea per definizione, direi. Ed infatti la tua opinione (Alek) rispecchia in pieno tutto ciò, ed è piuttosto condivisibile ma non troppo oggettiva.
    Intanto la questione del libero arbitrio e del diritto di un popolo di decidere il proprio destino (vedi per es. anche il signore della luce di Zelazny), non importa quanto 'sto popolo sia autodistruttivo o barbarico... è legittimo intervenire per pilotare lo sviluppo o la crescita? Se venisse domani una flotta aliena e cominciasse a dare direttive di comportamento (severe, difficili, impopolari) all'umanità per il nostro bene, come la prenderebbero i popoli della terra? Bada bene non dico i governi che ovviamente si sentirebbero minacciati nei loro poteri ed interessi, dico la la gente...pensa un po' se venisse ordinato agli americani di non portare + armi... come la prenderebbero? Ci sarebbe una rivoluzione, con tanto di probabile guerriglia. Ed allora cosa dovrebbero fare questi alieni buoni nei nostri confronti? Ricattarci? Obbligarci? Costringerci con la forza?
    Poi un'altra questione di cui siamo ben testimoni nei gg nostri, l'esportazione forzata di democrazia, cultura, etica, ecc... ha sempre effetti “secondari” deleteri e spesso drammatici... certo... mi direte che ci sono interessi ben diversi dietro questa esportazione ma credo che ciò possa essere piuttosto indicativo in senso generale.
    L'umanità non impara dai propri errori? E' vero e no. Siamo una specie piuttosto miserrima ed altamente imperfetta ma qlche progresso nel corso dei secoli lo abbiamo fatto, dai. Non sono sicuro che questi progressi continueranno a crescere ma siamo una società migliore oggi di tutte quelle che sono passate.
    >>Se nel medioevo una razza aliena fosse sbarcata sulla terra aiutandoci nel creare un'utopia reale, nutrendo l'intero pianeta e curando i malati e sofferenti (non sarebbe stato necessario neppure regalare tecnologie per riuscirci) e conducendoci dritti a un futuro di pace e prosperità, per quale ragione dovremmo considerare ciò come qualcosa di sbagliato?
    Perché non abbiamo vissuto la nostra storia?
    Ma, caspita, da allora ad oggi avremmo vissuto comunque la nostra storia, solo diversa, senza massacri, senza fame, senza stenti. Ma avremmo vissuto la nostra storia.<<
    Intanto se ciò fosse accaduto non ci sarebbe stato l'umanesimo ed il rinascimento con tutto ciò che comporta, poi non credo proprio che la ns storia sarebbe stata “la stessa”, ne saremmo usciti come un'umanità totalmente diversa da quella attuale... migliore? Boh... dubito, francamente... ogni persona/popolo è figlio della propria storia , dei propri errori, delle proprie conquiste e delle proprie disgrazie, essere allevati nella bambagia da genitori alieni altamente evoluti non credo sia una soluzione giusta per noi umani, ne nel medioevo ne adesso (per quanto a me personalmente non dispiacerebbe affatto, **) ne domani.
    >>Ma se venissero colpiti da una epidemia e ci chiedessero degli antibiotici, che dovremmo fare? Negarglieli perché da soli arrivino allo sviluppo tecnologico moderno?
    Oppure, molto più complesso, se la popolazione avesse bisogno di antibiotici, ma una casta sacerdotale vi si opponesse in nome degli Dei e noi avessimo la possibilità di aiutarli? Lasceremmo morire gente pur di non intervenire?<<
    Qui siamo nella zona di confine del concetto, ma c'è una differenza importante ovvero se un popolo chiede aiuto ad un altro mi sembra doveroso e legittimo ma imporre l'aiuto allora... **
    (ecco in casi così che la rigidità della prima direttiva trekkiana mi lascia spesso perplesso).

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    1. Come dicevo, il problema è complesso, è difficile determinare dove finisce un aiuto e inizia un'invasione. Soprattutto se usiamo come riferimento la nostra società. Probabilmente una buona via di mezzo è quella immaginata dalla Le Guin, anche se per me tende troppo alla "Prima direttiva". E a me piacciono di più gli estremi che le vie di mezzo. ^^

      Riguardo a quanto scrivi, senza umanesimo o rinascimento, saremmo stati qualcos'altro, avremmo vissuto altre tappe, ma avremmo vissuto una "nostra" storia e con "nostra" intendevo quello che hai scritto, "diversa", non la stessa. Anche se differente, sarebbe stata comunque la nostra storia. E, date le premesse, io credo pure migliore, per lo meno mi piace speculare che sarebbe stata migliore.
      D'altra parte umanesimo e rinascimento sono fenomeni locali rispetto alla storia mondiale, ci sono nazioni che non sono neppure state sfiorate da ciò e hanno vissuto la loro storia e hanno una loro identità culturale. Dunque io sono per non sopravvalutarli troppo quando le possibilità sarebbero state infinite e avrebbero portato alla soluzione di diversi mali. ;)

      D'altra parte, io non parlo neppure di un fenomeno che può essere comparato con il nostro infausto "esportare la democrazia". Ma di un contatto con una società che non conosce povertà, malattia o sofferenza e intenzionata a farci raggiungere lo stesso livello di civilizzazione senza imposizioni.
      Come metterlo in pratica? Beh, nel mondo di star trek la tecnologia offre fonti di energia e di alimentazione quasi inesauribili. Creano il cibo manipolando gli atomi... potenzialmente con idrogeno, carbonio, ossigeno, azoto e zolfo (e un tocco di qualche minerale raro) creano qualsiasi cibo. In parole povere trasformano la terra in alimenti.
      Queste tecnologie sarebbero senz'altro aiuti importanti. :)))
      Un primo passo per evitare millenni di sofferenze, perché le scoperte e le innovazioni appassionano anche me, ma in Africa (e non solo) schiattano come mosche... e il massimo che sappiamo fare è pubblicare foto di bimbi denutriti su facebook per poi invocare le ruspe quando osano attraversare il mare...
      Avere accesso a queste tecnologie ora grazie a un dono o dover aspettare millenni e arrivarci da soli? Per me il problema neppure si pone. E io ho la pancia piena, immagina per uno che muore di fame. ^^

      Da questo punto di vista il racconto è estramamente egoistico, perché prende l'opinione di un personaggio (che ha tutto da guadagnare nel non intervento da parte di civiltà più progredite... Realmente progredite, non come la nostra) e la vende come vera. Non pone neppure il dubbio: il sacrificio di miliardi di esseri umani è giusto. E' male avere tutto ora e subito.
      E con "tutto ora e subito" inteno pace, salute e prosperità.
      Questa visione delle cose per me è aberrante.

      Se i malati di peste del 1300 avessero avuto questa opportunità (aiuto esterno) e l'avessero colta oggi noi italiani non avremmo avuto umanesimo e rinascimento (anche se avremmo avuto altre epoche) ma loro sarebbero sopravvissuti. Mi sembra un po' egoistico dire che, in un caso analogo, avrebbero fatto bene a rifiutare l'aiuto di una (vera) civiltà galattica, schiattare soffrendo e solo per regalare a noi il nosto umanesimo e rinascimento... insieme alla nostra guerra dei trent'anni, imperialismo, prima guerra mondiale, seconda, ecc... ed è questo che il racconto dice sul finale.
      Pur essendo io stesso di parte, non posso accettarlo. Lo avrei accettato se fosse stata l'opinione di un personaggio, ma la morale del racconto proprio no.

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