lunedì 13 luglio 2015

Ex machina, di Alex Garland (2015). Dall'intelligenza artificiale a Pirandello.

Scritto da: Ataru Moroboshi

Dopo il capolavoro assoluto di Spike Jonze "Her" (2013) e l'interessante Autómata, di Gabe Ibáñez (2014), credevo che a breve nulla avrebbe potuto aggiungere qualcosa al tema delle intelligenze artificiali (IA). Per fortuna mi sbagliavo.
Questo film rappresenta l'opera prima del regista Alex Garland, che si è occupato anche del soggetto e della sceneggiatura, cosa che aveva già fatto per "28 giorni dopo", "Sunshine", "28 settimane dopo",  lo splendido "Non lasciarmi" e "Dredd": di questi ultimi due non ha la paternità del soggetto, al contrario di "The beach" e di "The tesseract".

A logica, dalla carriera di Garland mi aspettavo ormai un "28 anni dopo" (!) ed invece ha deciso di stupire regalando una versione moderna di Frankenstein, ambientata ai giorni nostri ed impreziosita col tema della intelligenza artificiale.



Vediamo come il regista inglese è riuscito in appena 3 mesi di riprese fra la Norvegia e Londra ed un limitatissimo budget di appena 11 milioni di dollari a confezionare un film bello, malgrado alcuni scivoloni, ove molti registi holliwoodiani avrebbero (o già hanno, giusto Spielberg?) fallito miseramente, seppur con finanziamenti 15-20 volte superiori.
La trama è semplice (Cit. Frusciante): un giovane programmatore vince la lotteria aziendale e con essa la possibilità di trascorrere una settimana presso la villa dell'amministratore delegato della multinazionale per cui lavora, proprietaria del più utilizzato motore di ricerca del pianeta, ed ivi giunto scopre che in realtà è stato selezionato per partecipare ad un esperimento di validazione di una intelligenza artificiale. Cazzo, iè tocca lavorà, altrochè vacanza!
Ovviamente le aspettative del protagonista saranno superate e l'evoluzione del rapporto con l'IA e col proprio capo, un geniale quanto sregolato programmatore/inventore, saranno il cardine delle vicende che sfoceranno in un finale, che ritengo una delle cose migliori del film.

Purtroppo, volendo evitare spoiler, dato che la pellicola è molto recente, non potrò commentare tantissime cose che mi hanno colpito, o i limiti di trama e sceneggiatura nel dettaglio, perciò giocoforza, questa recensione sarà un po' sintetica.

Il giovane programmatore, nella claustrofobica ambientazione. Immagine presa da qui.

Trattandosi di un film sulla IA, il tema centrale è ovviamente cosa siano la creazione, la vita, l'autocosienza e cosa esse implichino. La parte sulla responsabilità che abbiamo nei confronti di ciò che creiamo è limitatissima, lasciata principalmente al giudizio dello spettatore in conseguenza del finale del film, ma è indubbio che vi siano alcuni indizi sul pensiero del regista. Si parla di uomo che gioca a fare Dio, creando una nuova forma di vita, o meglio una specie, ma in fondo il segreto per scardinare i problemi che si presenteranno nel film potrebbe esser semplice: trasmettere amore alla creazione come un buon genitore, lasciandole libertà di sperimentare. Tralascio questo aspetto, marginale nell'opera, ma che avrei preferito fosse trattato, poichè di film che parlino di responsabilità dei genitori se ne sente parecchio il bisogno oggi.

Molto più sviluppato è il tema della vita e dell'autocoscienza. Alcune scene sono così ben girate, che vi sarà impossibile non provare empatia per l'IA, tenerezza e compassione, così come sarà forte il senso di disturbo durante alcuni filmati sul processo creativo.
Siamo anni luce dal coinvolgimento di Her, ma il prodotto è comunque molto buono e confezionato con una maestria che sembra impossibile ritrovare in un'opera prima. Forse le semplificazioni tecniche e competenze medie raggiunte in fotografia (Rob Hardy) e montaggio (Mark Day) hanno enormemente semplificato la vita ai registi talentuosi, ma ciò non toglie che moltissimi registi famosi falliscano in compiti più facili, malgrado l'esperienza ed i budget enormi (chi sta gridando Zack Snyder e Michael Bay, associandoli alla defecaloesiofobia, ovvero la paura di defecare con dolore!).

Gli effetti in computer grafica semplicemente perfetti (non dedico molto spazio a quel che reputo ormai banale).


 Gli effetti speciali colpiscono l'attenzione! Immagine presa da qui.

Il film è retto da soli quattro personaggi e da una unica locazione, parzialmente claustrofobica, ma queste limitazioni scompaiono letteralmente e non appesantiscono la visione tanto si è coinvolti dai dialoghi e dalla curiosità sull'evoluzione della storia. La caratterizzazione del capo è la cosa che ho trovato peggiore, anche se funzionale al finale: perchè mostrare un genio così isolato, abbandonato ai propri eccessi (alcoolici)?

Osservando il tizio in canotta non si può che immaginare un multimilionario, brillante programmatore, amministratore delegato... un genio insomma. Ah no, è il suo personal trainer! Immagine presa da qui.


Perchè riproporre in modo mascherato l'odioso e vecchio stereotipo dello "scienziato pazzo", nel 2015? Non sarebbe stato logico che fossero presenti altri scienziati, programmatori ed ingegneri nell'abitazione/laboratorio, o che se ne fossero andati poco prima del test finale, anzichè mostrare un unico, combattuto e solitario creatore?

Si, fa anche questo, il ballerino! Presa da qui.


Perchè tutto quell'alcool?
Per dimenticare le reazioni delle precedenti versioni della propria creatura? Un carattere troppo forzato, impiegato come bastone della sceneggiatura.

Sono invece un poco più interessanti gli spunti lasciati qua e là sullo strapotere fornito dai motori di ricerca a chi li possa "governare".
Nei numerosi dialoghi che reggono l'opera, vi è però uno spunto di riflessione che emerge su tutto.
Ciò che permettere di discriminare fra una vera IA ed un più banale programma che solamente simuli l'intelligenza, può essere la capacità di mentire, creativamente.
Questo è un tema davvero importante su cui ho riflettutto spesso in passato.
Dato che come diceva il buon Pirandello nella sua opera Uno, Nessuno e Centomila "le parole sono vuote e ciascuno le riempie del senso proprio", perchè l'essere umano, più di qualunque altro animale, ha evoluto così tanto il linguaggio verbale? Mi si è sempre risposto che era per una più efficiente comunicazione, per trasferire più informazioni possibile, ma ho sempre trovato la risposta parziale, proprio perchè le parole, ben più delle gesta, possono essere fraintese e sono soggette a molteplici interpretazioni.
La mia risposta è sempre stata che il linguaggio parlato si presta, molto più delle espressioni facciali e delle azioni, ad ingannare, mentire, raggirare i propri simili. Non a caso, in genere, risulta altamente affinato in soggetti di potere.

Concludo sottolineando la sempre incredibile ipocrisia statunitense: il film è vietato ai minori di 17 anni negli USA, per i riferimenti sessuali e le nudità presenti... 30" di ricerca per immagini su google, per qualunque tema, possono ampliamente superare quello che si vede nei 108' del film. Per favore amanti della censura,  
estinguetevi.
E aggiungo anche un messaggio per Spielberg: guardati questo Ex Machina, Her ed il tuo AI, uno di seguito all'altro, poi magari decidi cosa farne del tuo lavoro.

Buona visione.

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